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SALVIAMO
IL TERRITORIO SICILIANO
di fabio alfano
Articolo pubblicato
sul giornale la Repubblica del 27 maggio 2006
Il territorio
siciliano è prossimo ad un punto di non ritorno. Disattenzione
dopo disattenzione, speculazione dopo speculazione, lacerazione dopo lacerazione,
questa nostra isola è abbondantemente mortificata, svilita, privata
di quella qualità che l’ha contrassegnata per secoli. Tutto
ciò che è stato fatto (eccetto pochissime cose) in questi
ultimi decenni, nelle città, nelle campagne, nelle coste, perfino
sulle montagne, ha inferto colpi gravissimi, talvolta irreversibili, al
territorio.
Tutto è senza forma, senza volto, senza qualità, privo di
cultura e talvolta di buon senso, tutto sembra essere stato fatto prepotentemente
contro il ‘volere’ di questa terra e degli uomini che la abitano.
Le città siciliane sono sfregiate e così tutto il paesaggio
che ad esse fa riferimento. Le espansioni, le periferie, i quartieri satellite,
il costruito che interseca la campagna sono insediamenti ‘urbani’
privi di espressione, tensioni emotive. Insediamenti ‘umani’
che trasmettono soltanto profonda rassegnazione ad un destino avverso
che sembrerebbe avere come imprescindibile condizione l’immutabilità.
Gli edifici, in tutte le loro tipologie, sono ossessivamente ripetitivi,
volumi di cemento configurati con l’unica preoccupazione di utilizzare
il massimo della cubatura consentita. Nessuna ricerca della forma, qua
e là qualche virtuosismo di facciata (quando è presente
la facciata) proposto dall’audace tecnico di turno.
Le abitazioni tutte uguali, improntate su semplicistici criteri funzionali
e su pressanti logiche di mercato immobiliare.
Nessun disegno del suolo della città. Non ci sono spazi pubblici,
collettivi, piazze, ville o altro che sia, nessuno spazio per la relazione
tra gli ‘esseri’.
I pochi edifici pubblici costruiti mancano di carattere, autorevolezza,
identità, per la loro piattezza comunicativa si confondono nell’uniformità
del tutto. Nessuna emergenza, diversità, simbolicità, nessun
segno che alluda ad alcun significato.
Le coste sono devastate e così le alture, le logiche speculative
o di personale tornaconto imperano incentivate dall’incapacità
o impossibilità delle amministrazioni locali di svolgere il ruolo
di garanti del territorio. Secondo un principio molto locale del ‘fai
da te’ chiunque si sente autorizzato, con o senza il placet amministrativo,
a considerare il territorio spazio di conquista personale.
Dove è finita l’architettura? Dove è finita la sapienza
costruttiva e abitativa dei siciliani? Dove è finita la capacità
magnetica di questa isola nei confronti degli altri territori geografici
e degli altri popoli?
Solo indifferenza, non curanza, banalità, volgarità, assenza,
violenza del territorio.
Tutto ciò non è più tollerabile […] anche perché,
al di là delle conseguenti considerazioni eco-logiche, viola il
diritto alla ‘bellezza’ e alla ‘qualità’
dello spazio che la determina, quale condizione primaria per una reale
‘qualità’ della vita.
Non possiamo rinunciare a tale diritto che, in altre epoche, su questa
stessa terra è stato garantito. Forse in ragione di una coscienza
improntata su valori e ideali più ampi e lungimiranti.
Ideali di rispetto, potenziamento, integrazione, unità, identità
di questa isola quali quelli, solo per fare un esempio, dei Normanni,
che dotarono questa terra delle cose più prestigiose che oggi possediamo
dal punto di vista dell’architettura.
Occorre immediatamente arrestare questi processi violenti, vandalici,
arroganti, di depauperazione del territorio e attivare una complessa opera
risanatrice.
Un’opera guaritrice che deve fondarsi prevalentemente sulla coscienza,
in chi amministra, dell’importanza del territorio e sulla prioritaria
esigenza di ridare ad esso qualità. Una nuova coscienza, in chi
rappresenta la collettività, che risvegli nel cittadino ‘rassegnato’
un senso di responsabile appartenenza dello spazio che lo circonda e la
convinzione che sia suo diritto pretendere che questo spazio sia consono
alla sua esigenza di ‘bellezza’. Una coscienza, in chi deve
gestire proficuamente le risorse pubbliche, dell’importanza di avvalersi
delle Istituzioni preposte allo studio del territorio e alla ricerca delle
sue soluzioni e di impiegare professionisti il cui criterio di scelta
non deve essere altro che la loro ‘qualità’. Una coscienza
che deve ridare fiducia a una disciplina, quella architettonica che i
siciliani hanno giustamente dis-conosciuto (dai primi decenni del novecento
in poi) per avere assistito all’attuale scempio architettonico-urbanistico.
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