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PORTE APERTE
AI CITTADINI SUL FUTURO DELL'URBANISTICA
di fabio alfano
su la repubblica
palermo del 17 gennaio 2008
una costante
pressione cittadina, a tutti i livelli, può obbligare le amministrazioni
a rendere note, e porre al vaglio dei cittadini, le loro intenzioni e
azioni nei confronti dello sviluppo fisico della città e ad avviare
una raccolta partecipata di idee e soluzioni per definire un necessario
piano generale di interventi
E’ necessario
che Palermo venga subito dotata di un programma di riqualificazione e
sviluppo urbanistico-architettonico dell’intera città, antica,
periferica e di mezzo, voluto, partecipato e condiviso da tutti i cittadini.
E che questo programma sia di ottima qualità. Nel senso che il
nuovo volto fisico della città (strade, piazze, parchi, edifici
vecchi e nuovi, pubblico, privato) risolva in modo soddisfacente tutte
le interrelate problematiche urbane degli ultimi decenni: parti di città
senza volto, disperazione delle periferie, fatiscenza del centro storico,
mancanza di spazi pubblici, problemi di mobilità, inquinamento,
… In questo momento storico non c’è altra cosa concreta
per cui spendersi, sia per le condizioni estreme della città, sia
per evitare sprechi di risorse in interventi che per il loro scoordinamento,
risultano se non inutili certamente inadatti. E soprattutto per scongiurare
possibili speculazioni.
Ma purtroppo non sembra esserci nulla in questa direzione. Si legge, per
esempio, con forte preoccupazione, di intese con finanzieri arabi provenienti
da città come Dubai, che sembrano non avere alcun punto in comune
con Palermo, si sente di arbitrari accordi con privati per la realizzazione
di ipermercati (necessari a chi?) in aree periferiche, ed ora anche nella
area residenziale centrale, vedi il caso di viale Campania. Senza che
in tutto questo vi sia alcuna garanzia verso le vere esigenze della città.
Si assiste attoniti alla pubblicazione, silenziosa e solo per circa venti
giorni, del bando per i consulenti del nuovo piano particolareggiato del
delicatissimo centro storico, alla divulgazione dei loro nomi prima del
suo espletamento, alla clamorosa assenza, tra essi, di almeno un architetto
progettista, al disaccordo su tutto ciò da parte del sindaco non
in nome di una maggiore qualità ma per altre idee, mai rese note
ai suoi cittadini e neanche, sembra, ai suoi assessori. E si potrebbero
fare altri esempi. In tutti c’è una chiara indicazione: in
atto non c’è alcuna pianificazione, intesa, coordinamento,
convergenza di intenti per la gestione e lo sviluppo della città;
c’è invece molta autoreferenzialità, velleità
che non si sposano affatto con l’interesse collettivo. E così
Palermo non si trasforma, ma si disgrega sempre più, giorno dopo
giorno.
Cosa stiamo ad aspettare, allora? Un po’ di pragmatismo ci suggerisce
che alla critica, utile se non fine a se stessa, dovremmo far seguire,
una azione propositiva. “Ognuno di noi”, fu saggiamente detto,
“faccia la sua parte”, e in questo momento, aggiungerei, anche
quella degli altri. E da fare ce ne è moltissimo, cominciando col
ristabilire un principio che sembra essere non più scontato: gli
amministratori dei beni e delle risorse comuni sono coloro che hanno l’onere
e l’onore (e vengono pagati per questo) di essere a servizio delle
esigenze di una comunità. E’ ormai prassi diffusa che il
più delle volte invece si servano, anche in buona fede o inconsapevolmente,
di ciò che dovrebbero servire. E questo ovviamente non funziona.
Servire veramente una città significa monitorare con fatica e cercare
di dare risposte adatte alle esigenze delle diverse categorie di cittadini
presenti e dei loro spazi. Altrimenti è una grande illusione. Ma
nessuno oggi, per la gravità della situazione, può più
tollerare risposte aleatorie, pertanto o si risolvono veramente i problemi
o non si può che andare a casa. Non è possibile fare sconti
a nessuno, questo dovrebbe essere chiaro a chiunque, al di là del
colore, schieramento o altra appartenenza.
Bisogna essere però numerosi, compatti e responsabili. E in una
città di circa 700.000 abitanti non è possibile credere
che non ce ne siano abbastanza che, superando paure e pessimismo, possano
avviare un processo di trasformazione della ‘coscienza’ collettiva,
sia per quanto riguarda gli amministratori che gli amministrati. Ce ne
sono, eccome, però disgregati.
Coordiniamoci, allora, per esercitare una pressione decisa e costante
affinché l’amministrazione non si sottragga ad un suo preciso
dovere: attivare una pubblica raccolta di esigenze, problemi e questioni
e poi di idee, soluzioni, progetti, a vari livelli, per definire un efficace
piano generale di interventi, con relative priorità. Che questo
avvenga, attraverso la costituzione di un ufficio pubblico, che si incarichi
di organizzare i vari materiali in mappe, disegni, plastici, fotomontaggi,
video, relazioni, ecc., affinché chiunque possa rendersi conto
e intervenire criticamente. Solo una programmazione che abbia chiaro dove
vuole arrivare e come arrivarci può dare senso, misura ed efficacia
a qualsiasi azioni si compia quale, per esempio, la revisione, o la creazione
ex novo, dei necessari strumenti attuativi, come i piani regolatori, particolareggiati
o altro.
Ognuno può contribuire a questo. L’Università, per
esempio, invii pubblicamente all’Amministrazione (o la inviti formalmente
ad andarli a visionare) l’enorme quantità di studi e progetti
prodotti negli ultimi decenni, che hanno cercato soluzioni, quasi mai
utilizzate, per ogni angolo di Palermo. Spinga con tutti i mezzi e l’autorevolezza
che le compete, affinché siano presi in considerazione almeno come
premessa per progetti più specifici o attuali. I professionisti
di buona volontà (tanti), individualmente o mediati dai loro Ordini
(potenzialmente i principali promotori delle preziose professionalità
rappresentate) facciano circolare pubblicamente le loro idee al di là
che ottengano incarichi o compensi. Le associazioni cittadine, antiche
e recenti, segnalino ancor di più le questioni primarie urbane,
come è avvenuto per la chiusura contemporanea dei due principali
musei cittadini. Tutte le istituzioni culturali, grandi e piccole, promuovano
iniziative che possano fare intravedere ai palermitani la qualità
culturale con cui può essere condotta questa trasformazione. La
gente evidenzi, con telefonate, e-mail, lettere, proteste, denunce, comitati
(quale quello dei residenti di viale Campania) ciò di cui necessita
e di cui ha pieno diritto anche perché ben pagato in termini di
tasse.
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